Valutazione neuropsicologica e inquadramento diagnostico delle principali demenze

La valutazione neuropsicologica fornisce informazioni sul comportamento, la personalità, le capacità cognitive, le abilità apprese e il potenziale riabilitativo in individui che hanno subito alterazioni cerebrali. Il suo obiettivo è rilevare le manifestazioni comportamentali delle funzioni cerebrali siano esse compromesse. La sua metodologia richiede l’utilizzo di tecniche specializzate (compresa l’osservazione) nel cogliere la relazione comportamento-cervello. Una corretta e completa valutazione neuropsicologica si articola in diverse fasi:

1. un colloquio con il paziente e i familiari volto alla valutazione dello stato psicologico generale e alla raccolta di informazioni mediche e relative alla vita recente e remota del paziente;
2. la somministrazione dei test neuropsicologici. Si tratta prevalentemente di prove standardizzate, le quali prevedono che gli stimoli e le procedure di somministrazione siano definiti rigorosamente e la prestazione del paziente sia comparata con quella di un campione di controllo;
3. la formulazione della diagnosi neuropsicologica;
4. la restituzione conclusiva sulla valutazione, tramite la stesura di una relazione che evidenzia le aree deficitarie e traccia un profilo cognitivo-comportamentale utile agli scopi sopraelencati.
Pianificare un intervento riabilitativo o un percorso di stimolazione cognitiva ha l’obiettivo di:

 Contrastare la progressiva compromissione delle abilità cognitive residue mantenendo l’allenamento
 Stimolare meccanismi neuronali alternativi per compensare la perdita di alcune abilità, con effetti positivi sull’autonomia personale del paziente e sulla sua qualità di vita;
 Rallentare l’evoluzione della malattia, limitandone le conseguenze;
 Migliorare comportamenti disadattivi, migliorare il tono dell’umore, ridurre la tendenza all’isolamento sociale;
 Alleviare il carico assistenziale dei familiari.

Può essere svolta individualmente o in gruppi di 4-6 persone, omogenei per grado di compromissione cognitiva durante la quale viene impiegato un protocollo standardizzato provvisto di schede prestampate create da hoc dove sono proposti esercizi da svolgere in gruppo o individualmente volti, a promuovere l’orientamento personale e interpersonale, l’orientamento temporale e spaziale, il potenziamento delle abilità cognitive residue quali la memoria verbale, la memoria visiva, l’attenzione uditiva, l’attenzione visiva, la prassia costruttiva, la fluenza verbale e la logica. A tale scopo si utilizzano determinate strategie quali ausili esterni e tecniche di memorizzazione (visualizzazione, associazione, categorizzazione).
Nelle patologie neurodegenerative, come la Malattia di Alzheimer, se è vero che le cellule cerebrali muoiono, altrettanto vero è che non si perdono tutte nello stesso istante: la degenerazione ha uno sviluppo relativamente lento, pertanto molti altri neuroni conservano la loro funzionalità grazie ai collegamenti che possono attivare. Più stimoli una persona riceve, più connessioni vengono risvegliate nella ricerca di una risposta adeguata, facilitando la costruzione di percorsi alternativi laddove si incorre in un intoppo causato dalla malattia.

Nell’ottica della prevenzione e della diagnosi precoce, è importante sottoporsi ad una valutazione delle funzioni cognitive quando compaiono, ad esempio: progressiva perdita dell’orientamento nel tempo e nello spazio; perdita della memoria; incapacità di gestire attività quotidiane (utilizzo del denaro, cucinare); difficoltà nelle prestazioni percettive e motorie (vestirsi, lavarsi); disturbi comportamentali (incapacità di mantenere comportamenti socialmente adeguati); alterazioni del tono dell’umore (sintomi depressivi, perdita d’interesse, apatia, ritiro sociale).